Italia, giovani indipendenti a 40 anni

In Italia, per i giovani, diventa sempre più lungo il percorso per diventare economicamente indipendenti. Se fino a 15 anni fa si diventava autonomi a 30 anni adesso, secondo uno studio condotto dalla Fondazione Bruno Visentini che è stato presentato il giorno 22 marzo alla Luiss, ci si avvicina ai 40 anni. Come spiega la ricerca, nel 2004 un giovane di 20 anni impiegava circa 10 anni per diventare economicamente indipendente, mentre nel 2020 saranno necessari 18 anni e nel 2030 si potrebbe arrivare addirittura a 28. Se quindi nei prossimi anni un ragazzo diventerà «grande» a quasi 40 anni, tra tredici anni lo sarà a 50 anni. Questo deterioramento della condizione dei giovani sarebbe dovuto al fatto che la società è costruita a misura delle generazioni precedenti e dominata dai baby boomers (quei sessantenni, settantenni di oggi che hanno goduto di un emergente gioventù e che adesso sono silver boomer). La componente dei giovani che più preoccupa è quella dei Neet e quindi quei giovani che non lavorano, ma non studiano nemmeno e che ingrossano notevolmente la componente dei disoccupati italiani. Inoltre questi giovani hanno anche un grande costo per le casse dello stato che cresce di anno in anno. Nel 2011 sono stati usati 23,8 miliardi, saliti eventualmente nel 2014 a 34,6 per poi invece scendere nel 2016 a 32,6 che rappresenta il 2,3% del Pil. A questi numeri di disoccupazione prolungata mai registrati prima, bisogna aggiungere il trend dell’invecchiamento della popolazione che aumenta sempre di più. Secondo lo studio l’Italia sarebbe addirittura al penultimo posto in Europa per equità intergenerazionale con risultati migliori solo della Grecia. Il dato è confermato dalla lettura dei dati Eurostat che segnalano come nel 2015 fossero al lavoro nel nostro Paese solo il 28,6% degli under 30 a fronte del 47,6% medio degli under 30 dell’Ue a 28 e del 57,7% della Germania. Sarebbe necessario – scrive la Fondazione – un “contributo solidaristico da parte della generazione più matura che gode delle pensioni più generose”. Questo sarebbe “doveroso, non solo sotto il profilo etico, ma anche sotto quello sociale ed economico”. “Sarebbe necessario un patto tra generazioni con un contributo da parte dei pensionati nella parte apicale delle fasce pensionistiche con un intervento progressivo sia rispetto alla capacità contributiva, sia ai contributi versati”. Con questo contributo sarebbe possibile definire incentivi fiscali per i più giovani, ma anche la costituzione di un Fondo di solidarietà per le politiche giovanili. In particolare bisognerebbe cercare di ridurre il numero dei Neet. Il ministro del lavoro Giuliano Poletto, ha detto che la situazione dei giovani italiani “è peggiorata con la deflagrazione della crisi economica, ora per dare una risposta efficace serve un grande lavoro di integrazione delle politiche. Lo studio mette in evidenza una situazione di fatto, si tratta di una dinamica che non è diventata nota solo oggi, ma è lontana nel tempo”.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *